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Correlazioni in Medicina



L’alta concentrazione plasmatica di aldosterone associata a esiti non-favorevoli a 1 anno dopo infarto miocardico


Alti livelli plasmatici di aldosterone alla presentazione sono correlati a esiti non-favorevoli dopo infarto acuto miocardico con sopraslivellamento del segmento ST ( STEMI ).

Non è ancora noto se esista una relazione tra livelli di aldosterone ed esiti in un più ampio gruppo di pazienti ammessi in ospedale per infarto acuto del miocardio definito in base ai nuovi parametri legati ai livelli di troponina.

Sono stati misurati i livelli di aldosterone plasmatico, proteina C-reattiva ( CRP ) e peptide natriuretico cerebrale ( BNP ) in 471 pazienti, 24 e 72 ore dopo l’ammissione in ospedale per infarto miocardico acuto definito in base ai nuovi criteri.

L’esito primario era un composito di mortalità, arresto cardiaco rianimato, infarto del miocardio ricorrente/esteso, ischemia ricorrente, insufficienza cardiaca e ictus.

Il quartile con il più alto livello di aldosterone a 24 ore è risultato significativamente associato all’esito primario ( P
Correlati indipendenti di esito primario a 1 anno erano: età maggiore o uguale a 73 anni ( odds ratio [ OR ] 2.22 ), insufficienza cardiaca ( OR=6.46 ), livello di aldosterone a 24 ore maggiore o uguale a 103.6 pg.mL(-1) ( OR=1.72 ) e concentrazioni di peptide natriuretico cerebrale maggiore o uguale a 389 pg.mL(-1) ( OR=2.35 ).

Il modello applicato alle variabili a 72 ore ha identificato le stesse correlate.

In conclusione, utilizzando la nuova definizione di infarto acuto del miocardio basata sui livelli di troponina, indipendentemente dal sopraslivellamento del tratto ST e dalle strategie di gestione, un’elevata concentrazione di aldosterone è risultata associata a eventi avversi maggiori in ospedale ed è una correlata indipendente di esito clinico a 1 anno.
Queste osservazioni hanno indicato la necessità di studi clinici per valutare i benefici di un blocco precoce dell’aldosterone in tali pazienti. ( Xagena2009 )

Beygui F et al, Am Heart J 2009; 157: 680-687


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